L’allenatore del futuro con le radici nel passato.

Non avendo la sfera di cristallo per poter delineare cosa ci riserva il futuro, farò un’analisi del presente, riferendomi ad un recente passato.

Questo forse ci può fornire una chiave di lettura per le nuove sfide che si profileranno nell’orizzonte delle discipline legate alle scienze motorie e sportive, quindi alla figura dell’allenatore. Il futuro è da costruire giorno dopo giorno attraverso le proprie capacità di adattamento: adattamento al contesto operativo, ai materiali da utilizzare, agli atleti, alle loro età cronologiche e fisiologiche, ai progetti sportivi e didattici, alle esigenze nate dagli obiettivi da raggiungere in un’ipotetica programmazione, e altro ancora.

Quale modello di allenatore ?

Il modello a cui ci si riferiva nel periodo pre-pandemia era ormai consolidato da anni, ad esempio: allenamenti in palestra o al campo, fase di ricerca del tono muscolare, allenamento guidato, standard di programmazione, la tecnica al centro, il risultato, la prestazione, il successo finale.

Durante il lockdown nessuna attività, oppure:

allenamenti in confinamento, fase di ricerca del tono muscolare non sempre facile da eseguire senza guida, allenamento guidato in modalità da remoto, con le difficoltá che tutti più o meno abbiamo riscontrato, standard di programmazione senza un preciso obiettivo finale, la tecnica ancora al centro, il mantenimento della forma fisica più che il risultato, la prestazione immaginaria, il successo nella speranza di poter ritornare alla normalità.

Cosa ci ha indotto al cambiamento e a ripensare alla figura dell’allenatore, se non la funzione di servizio nei confronti all’atleta? Se i modelli sono saltati è corretto pensare ad un ritorno alla normalità o a come era prima? Mai più sarà come prima, o meglio ci si deve affidare a metodologie funzionali al momento che si affronta.

Ancora oggi siamo in palestra o al campo con prescrizioni, che seguono i colori in base ai numeri e alle proiezioni statistiche dell’andamento della pandemia

Le parole chiave …

Riscaldamento, o per dirla come quelli bravi, la fase di ricerca del tono muscolare optimum da condividere e da insegnare in modo metodologico, perché non si sa mai dover affrontare nuovi confinamenti.

L’allenamento guidato da istruttori o allenatori sempre più “trasformazionali” quindi partecipato, standard di programmazione sulle capacità acquisite, l’allievo al centro, la prestazione che prelude al risultato, quindi il successo finale, la crescita e la collaborazione guidata del metodo di riferimento, più che da un modello prestabilito.

Non a caso le numerose e sorprendenti medaglie olimpiche acquisite a Tokyo nell’estate appena conclusa sono forse figlie di questi adattamenti?

Fanno parte di una riprogrammazione per aver ritardato di un anno le olimpiadi?
Derivano da una maggiore responsabilizzazione degli atleti nel loro contesto operativo?
Sono portate da quella paura di non farcela a superare le difficoltà per quei modelli che di punto in bianco non ci ponevano nella “confort zone”?

Ecco appunto… se di adattamento abbiamo parlato, se di modificazioni dei modelli abbiamo dissertato, ripensiamo al futuro con allenatori più attenti ai bisogni dell’atleta.

Più creativi di fronte alle difficoltà, più inclini a sostenere e a gratificare gli atleti con maggior considerazione personale, più propensi a responsabilizzare gli atleti fornendo compiti significativi e sfidanti, pensando che il futuro non è mai certo ma imprevedibile di fronte alla eterna corsa del tempo.

di Danilo Manstretta

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